Non avere a sufficienza per arrivare alla soglia di sopravvivenza non è affatto una condizione remota. Né ai giorni nostri né nella storia dei nostri antenati. Coloro che hanno vissuto la guerra si sono ritrovati a fronteggiare spesso anche la mancanza di risorse essenziali: cibo, acqua, riscaldamento, sicurezza.
accumulare scorte, aver paura del domani, preoccuparsi quando il conto scende sotto una certa soglia, tendenza a preferire una soluzione sicura a discapito di una rischiosa ma potenzialmente più appagante
sensi di colpa quando si spende per il piacere o per qualcosa considerato lussuoso lamentele frequenti sugli aumenti di prezzi accettare qualunque condizione contrattuale/lavorativa e paura di perdere il lavoro
incapacità di vedere le cose in modo più ampio, tendenza a stare con la testa nella sopravvivenza non permettersi l'espansione nella vita
vivere il denaro da uno spazio di sensi di colpa e vergogna, vedere tutto il mondo attraverso il filtro della povertà, "non mi posso permettere X", tenere i prezzi bassi per desiderio di salvare gli altri
Questa è una lista non esaustiva di ciò che ho potuto osservare nei discendenti di coloro che hanno affrontato enormi difficoltà economiche e condizioni di vita precarie. C'è poi un desiderio di riscatto, la voglia di elevarsi dalla propria condizione attuale e il bisogno di "rendere fieri" i genitori e gli antenati, a volte inconsapevolmente.
Molti di questi atteggiamenti inconsapevoli frenano la realizzazione di progetti, il dedicarsi alle attività creative, investire in una professione considerata rischiosa. Si sacrifica così una chiamata animica o semplicemente la realizzazione di un progetto che sta a cuore, in favore di una soluzione apparentemente più sicura, con maggiori garanzie di sussistenza, ma che purtroppo finisce per rendere infelici, schiavi del sistema e della rincorsa infinita verso i soldi e la sicurezza economica. Di recente ho avuto modo di rivedere Come eravamo, film anni 70 con Robert Redford e Barbra Streisand, in cui lui- scrittore talentuoso- sacrifica sia la relazione che il suo talento in favore di una carriera più accettabile per il suo status, che alla fine finisce per fagocitarlo. Ecco, questo è proprio l’esempio lampante di dove si trovano molti di coloro che hanno scelto di rimanere fedeli al sistema, per paura di incamminarsi verso qualcosa di ignoto e spesso indefinito, soffocando e zittendo la voce dell’anima.
Mi preme però dire una cosa: non è mai troppo tardi. Non è mai troppo tardi né per dedicarsi a qualcosa che ami fare, né per cambiare modalità con cui fai quello che oggi odi fare. Lo dico senza scadere nel cliché se vuoi puoi, perché non è vero, non tutto è accessibile, ma molto può essere fatto e soprattutto è possibile cambiare il modo con cui vediamo le cose.
E quando cambi il modo di vedere le cose… le cose cambiano.
Il motivo per il quale non si riesce a portare a terra un determinato intento è perché non siamo affatto liberi di agire come vogliamo. Infatti, tutti noi- nessuno escluso- abbiamo delle convinzioni.
Alcune delle convinzioni sono nate con noi, altre- moltissime- le abbiamo ereditate da chi ci ha preceduto.
Quando si tratta di realizzazione professionale è forte la fedeltà al sistema familiare. La possiamo osservare in quelle famiglie in cui tutti fanno medici o notai, perché si tratta di professioni di prestigio, remunerative che hanno richiesto molti sacrifici e che di conseguenza vengono passate di generazione in generazione. Fin qui tutto bene.
La difficoltà nasce quando qualcuno dei discendenti vorrebbe per sé qualcosa di diverso, qualcosa considerato anormale per il sistema.
Per esempio fare l’artista, lo scrittore, il cantante, l’attore, il cuoco.
Da un lato c’è la coscienza del sistema che preme e dall’altro l’anima individuale che ha desideri tutti suoi. L’essere umano è in mezzo che non riesce a decidere.
Se sceglie di dedicarsi a qualcosa che lo chiama finirà per tradire la lealtà familiare.
Se aderisce alla lealtà familiare, finirà per tradire la propria anima. Ogni scelta ha un prezzo preciso che va pagato.
Tradire la lealtà familiare comporta un prezzo in termini di sensi di colpa.
E’ estremamente complesso tradire la lealtà familiare perché si tratta di andare verso l’ignoto, verso una strada sconosciuta, non battuta da nessuno.
Sentire questo disagio dello stare in mezzo tra la volontà propria e quella del sistema è tutta salute. Significa che c’è della vitale presenza in te. Chi opera in modo automatico ha dimenticato la propria anima e agisce solo in base a ciò che va fatto.
E ciò che va fatto, secondo le regole del sistema, sono convinzioni che si tramandano da generazioni.
Nella vita bisogna lottare, la vita non risparmia nessuno, la vita è fatica. Non si sa mai. Meglio andare sul sicuro. Potrebbe andare peggio. Chi lascia la strada vecchia per una nuova...
Ringrazia che hai un lavoro. Tieniti stretto ciò che hai, molti non hanno nemmeno quello. Non fare il passo più lungo della gamba. I soldi rovinano le persone.
L'obiettivo del lavoro sono i soldi, mica i sogni. Il lavoro deve essere duro, sennò non è lavoro. I veri lavoratori si svegliano alle 6 di mattina. Il lavoro d'ufficio è il più comodo e sicuro, scegli la comodità.
Quando si è in auto-osservazione, cioè presenti a se stessi e testimoni delle proprie azioni, dei propri pensieri e delle proprie parole ci si rende conto dell’immagine che abbiamo del mondo, della vita, del lavoro, delle relazioni. Una volta che ti rendi conto delle convinzioni, di quello che credi debba essere fatto in un determinato modo, hai la possibilità di investire risorse interiori ed esteriori per cambiare, per trasformare quelle convinzioni in qualcosa di più sano per te.
L’auto-osservazione dei pensieri, delle emozioni, delle parole e delle azioni permette di smettere di vivere in automatico e di fare scelte consapevoli, sulla base di chi sei davvero.
Tuttavia, arrivare ad osservarsi e riuscire a tradire la lealtà familiare per dare spazio a chi sei davvero comporta un lavoro su quelle parti di te e del tuo sistema intrappolate dagli eventi traumatici.
Non si può cambiare con la sola forza di volontà. Ci ho creduto per un po’ e ho scoperto che era una convinzione anche questa. Le esperienze che hai vissuto dalla nascita fino ad oggi, le esperienze dei tuoi antenati e del sistema Paese nel quale sei nato e cresciuto (o più Paesi per chi ha cambiato nazione, come me) condizionano fortemente come agisci e reagisci agli eventi.
E adesso ti spiego come si fa.
Il trauma non è ciò che accade, ma come vivi ciò che accade. Di conseguenza, nessuno può sindacare cosa è traumatico per una persona, perché ogni essere umano ha un modo tutto suo di percepire la realtà e di gestire gli avvenimenti. Esistono eventi traumatici di diverso tipo. Di solito, quando si parla di trauma, la prima immagine che viene in mente è un evento di ampia portata, estremamente intenso, che interrompe il flusso ordinario della quotidianità: un incidente, una catastrofe naturale, un evento violento come la guerra o un attacco terroristico.
Questo tipo di eventi traumatici interrompono la quotidianità in modo violento, improvviso e cambiano lo stato delle cose con effetti sia immediati che a lungo termine. Tuttavia, gli eventi traumatici possono essere anche tutti quegli eventi e atmosfere emotive che si protraggono nel tempo, che diventano quindi la normalità. Ecco che allora anche la costante mancanza di denaro e di risorse necessarie per la sopravvivenza può diventare causa di traumi.
Statisticamente parlando, sono molti di più gli antenati che hanno dovuto lottare per la sopravvivenza di quelli che hanno vissuto nel lusso e nella prosperità. La storia degli uomini comuni è ricca di racconti in cui per sopravvivere durante gli anni della guerra si raccoglievano le erbe spontanee, si inventavano piatti a base di pochi ingredienti (la cosiddetta cucina povera), anni in cui si facevano tanti figli perché questo significava tante mani che potevano aiutare in casa e nelle campagne.
Cosa dire di quegli antenati che hanno subito privazioni per mano di altri, che sono deceduti nei campi dove mancava tutto, persino l’umanità. I discendenti di coloro che sono periti così come di coloro che hanno perpetrato brutalità si fanno spesso carico di questi destini difficili attraverso svariate forme di privazione, non solo economiche ma anche salute, benessere, serenità.
Ci tengo a richiamare l’attenzione sul fatto che sapere queste cose e conoscere dell’esistenza di destini complicati degli antenati non sposta di una virgola il problema originario. Ciò che è necessario è compiere un vero e proprio lavoro energetico che consiste nel rimettere ad altri il loro destino, portandoli nel proprio cuore, e riprendere in mano il proprio. Questo è un vero e proprio movimento dell’anima che ricomprende tutti, non esclude e non giudica. In questo modo è possibile trovare il proprio posto e anche la via per una prosperità rinnovata nella propria vita.
Ci tengo a richiamare l’attenzione sul fatto che sapere queste cose e conoscere dell’esistenza di destini complicati degli antenati non sposta di una virgola il problema originario. Ciò che è necessario è compiere un vero e proprio lavoro energetico che consiste nel rimettere ad altri il loro destino, portandoli nel proprio cuore, e riprendere in mano il proprio. Questo è un vero e proprio movimento dell’anima che ricomprende tutti, non esclude e non giudica. In questo modo è possibile trovare il proprio posto e anche la via per una prosperità rinnovata nella propria vita.
Tutti questi aspetti diventano ancora più significativi per chi fa impresa o lavora in proprio come freelance. Vediamo insieme cosa succede a chi ha nel sistema traumi legati alla povertà e conduce un’attività imprenditoriale o vorrebbe farlo.
Chi ha un vissuto di privazioni oppure ha nel sistema antenati che hanno vissuto difficoltà economiche tenderà ad avere una visione del mondo tutta focalizzata sul meno, sul ritirarsi, proteggersi, non rischiare.
Fare impresa però è un’attività rischiosa per sua natura. Fare impresa è imprevedibile. La responsabilità è tutta nelle mani dell’imprenditore. Questo fa sì che l’attività imprenditoriale sia anche una grandissima opportunità per la scoperta del sé in modo più profondo.
Chi fa impresa da uno spazio di convinzioni che affondano le radici nella povertà e nella mancanza tende tende a spostare queste convinzioni sui clienti, per cui vede solo povertà intorno a sé, tende ad applicare prezzi bassi quasi a voler salvare i clienti. Quando questo avviene è sano chiedersi: chi sto cercando di salvare?
Farei conti in tasca ai clienti è un altra modalità disordinata di condurre l’impresa. In questo modo si vedono i clienti come bambini piccoli non in grado di badare a se stessi e vengono privati della loro dignità e della loro capacità di gestire le proprie finanze.
In questo modo l’attività non ingrana mai, perché tutto ciò che fa lo fa da uno spazio di vergogna e di colpa.
Chi ha tra gli antenati una storia di fame e di povertà si porta dietro quel peso, cerca di salvare gli antenati dal loro destino e non si permette di vivere il proprio.
La buona notizia è che tutto questo vissuto (tuo e dei tuoi antenati) può essere trasformato in SERVIZIO e in leggerezza.
Con servizio non intendo solo in senso stretto, a chi offre dei servizi, intendo ad ampio respiro, comprese tutte le modalità in cui il lavoro si può svolgere.
Il concetto di servizio infatti, a differenza del lavoro, è una creazione di valore.
Lavoro è una parola che deriva dal latino e significa FATICA.
Ecco, si può creare valore senza una fatica distruttiva e senza perdere la propria anima.
Un altro movimento tipico è quello dell’avidità. L’avidità è un altro spazio che impedisce di prosperare in modo sano. Se è vero che ce la si fa anche a guadagnare compiendo azioni che portano con sé l’energia di avidità e desiderio di accaparrare, il prezzo che si paga diventa altissimo.
I frutti di un lavoro svolto dallo spazio del servizio autentico sono d’aiuto a molti e portano con sé un’energia che libera.
I frutti di un lavoro svolto dallo spazio di sfruttamento, manipolazione, avidità a discapito di altri imprigionano, perché? Perché qualcosa svolto con avidità è frutto della paura di perdere, di avere meno. E’ un attaccamento al risultato.
Quando si è attaccati a qualcosa non è mai davvero liberi.
Le convinzioni creano una modalità in base alla quale vivi la professione e la relazione con il denaro. Se non riesci mai a ingranare nella tua attività o nella tua professione c’è qualcosa da osservare nell’atteggiamento e nello spazio dal quale crei.
La povertà è una condizione spesso traumatico che coinvolge la quotidianità. Le persone che hanno vissuto condizioni di vita precarie tramandano ai discendenti le stesse preoccupazioni per il futuro, anche quando i tempi duri cessano e si può iniziare a vivere, invece di sopravvivere.
La vergogna e il senso di colpa fanno sì che si tenga sempre a freno la visione del futuro, specie per chi fa attività in proprio.
La soluzione è nel movimento verso un servizio autentico, da uno spazio di fiducia, anziché dalla paura e preoccupazione.
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